FAQ - Domande Frequenti
Come si manifesta la malattia di Alzheimer?
La malattia di Alzheimer è caratterizzata dalla comparsa progressiva ed irreversibile dei disturbi della memoria. Nel corso della malattia questi disturbi diventano sempre più invalidanti. Cominciano ad influenzare il quotidiano poiché portano delle modificazioni nel linguaggio, nel giudizio, nell’orientamento nel tempo e nello spazio, producendo importanti cambiamenti nella personalità. La perdita delle abilità e delle conoscenze acquisite da tempo induce una graduale diminuzione dell’autonomia, così che la persona affetta non è più in grado di provvedere da sola ai suoi bisogni.
Quali sono i primi sintomi della malattia di Alzheimer?
La malattia di Alzheimer è una patologia il cui esordio è lento e progressivo. La si qualifica come insidiosa perché ha già cominciato la sua evoluzione nel cervello quando si manifestano i primi sintomi e prosegue in modo subdolo. Essendo l’apparizione dei sintomi insidiosa e lenta, la persona affetta è spesso portata alla consultazione medica e neuropsicologica molto tempo dopo l’avvento della malattia. Nel primo stadio della malattia, quando la persona si rende conto delle sue perdite di memoria, può presentare dei sintomi simili a quelli della depressione. A questo punto, è importante per il medico sapere se si tratta, soltanto, di una reazione alle perdite di memoria, o di una reale depressione senza relazione con la malattia di Alzheimer. Due tipi di sintomi sono segni premonitori della malattia di Alzheimer: i disturbi della memoria ed i disturbi del comportamento.
Che tipo di disturbi della memoria?
In primo luogo si tratta di dimenticanze benigne sui fatti correnti della vita quotidiana, per esempio dimenticare di spegnere le piastre della cucina elettrica, non ricordarsi più dove sono riposte le chiavi, dimenticare un numero di telefono abituale o un appuntamento importante. Dopo qualche mese, tuttavia, queste dimenticanze diventano più frequenti e più evidenti. A questo punto la persona affetta razionalizza spesso le sue dimenticanze utilizzando strategie per evitare il riconoscimento cosciente del declino intellettivo. In contrasto con le dimenticanze benigne e di carattere generale legate al normale invecchiamento, i disturbi della memoria caratteristici della malattia di Alzheimer riguardano principalmente la memoria episodica recente. I disturbi della memoria possono accompagnarsi abbastanza rapidamente ad un disorientamento nel tempo e nello spazio. Così il paziente può riscontrare delle difficoltà a ricordarsi una data, o può anche capitargli di perdersi in un luogo che gli dovrebbe essere familiare, come il quartiere in cui vive.
Quali sono i disturbi del comportamento da imputare alla malattia di Alzheimer?
Allo stesso modo delle perdite di memoria, i disturbi del comportamento possono essere di tipo insidioso. I familiari sono allarmati da un’ansia insolita, un disinteresse progressivo, e talvolta anche da uno stato depressivo. L’avvento di tali comportamenti psico-affettivi in una persona anziana che non ha mai presentato dei disturbi psicologici o psichiatrici dovrebbe esortare i familiari ad un controllo neuropsicologico.
Quali sono gli altri sintomi che possono apparire nel corso dell’evoluzione della malattia di Alzheimer?
Generalmente, dopo qualche mese di evoluzione della malattia, la persona affetta comincia a dimenticare alcune parole. Diventando queste dimenticanze sempre più numerose, la persona può anche avere difficoltà a tenere una conversazione. Le sue frasi sono più brevi e tende a lasciarle in sospeso. Intavola meno frequentemente una conversazione. La lettura e la scrittura diventano anch’esse compromesse. Con il progredire della malattia di Alzheimer, la persona affetta può continuare a negare i suoi disturbi di memoria, ma questa volta per un altro motivo. I suoi problemi diventano talmente gravi che non è più in grado di rendersi conto delle difficoltà. Poi, si altera la memoria passata. Più tardi, la persona non arriva a comprendere il significato delle parole. Non riconosce oggetti e ne dimentica l’utilità. La vita quotidiana appare compromessa, anche se non presenta alcuna incapacità fisica. Anche la personalità del paziente si modifica in modo significativo. Diventa più irritabile, parla sempre meno, e si disinteressa a poco a poco del mondo esterno. I suoi comportamenti spesso possono apparire bizzarri, come ad esempio porre sempre le stesse domande, cercare i genitori defunti, ripetere senza interruzione gli stessi gesti, camminare per casa senza meta, svestirsi in pubblico, piangere o ridere apparentemente senza motivo.
Quanto tempo dura la malattia di Alzheimer?
E’ difficile stabilire esattamente l’inizio della malattia poiché, nel momento in cui i sintomi appaiono, essa ha già fatto dei danni al sistema nervoso centrale. Diventa dunque impossibile valutare con precisione la durata della malattia. Tuttavia, in generale, la malattia si estende su di un periodo approssimativo di otto-dieci anni che può aumentare se curato bene.
La malattia di Alzheimer è ereditaria?
Le forme di demenza ereditarie riguardano solo 1% dei casi e sono da attribuire ad un gene alterato, la cui trasmissione determina il 100% di probabilità di sviluppare la malattia. Nel 25% dei casi è dimostrabile una familiarità generica, paragonabile a quella del figlio di un genitore iperteso o diabetico. Nella grande maggioranza dei casi la malattia si manifesta invece in modo casuale, in assenza di una trasmissione generica diretta.
Si può curare?
Non esiste un rimedio di tipo farmacologico che possa restituire al malato di Alzheimer l’integrità delle funzioni mentali, ma è certamente possibile rallentare il progressivo percorso di decadimento a cui va incontro il paziente e migliorare i sintomi legati alla malattia.
Si può fare la diagnosi solo con la Risonanza Magnetica?
Per fare diagnosi è necessario, ma non sufficiente, effettuare un esame di R. M. E’ invece indispensabile raccogliere tutta una serie di informazioni di carattere clinico (la storia della malattia), neurologiche (esame obiettivo), neuopsicologiche (valutazione testistica) ed esami del sangue da integrare con quanto emerge dall’esame di R. M. o Tac.
Si può prevenire?
Per prevenire l’insorgenza della malattia di Alzheimer è utile condurre uno stile di vita sano, seguendo i successivi consigli:
- tenere sotto controllo i livelli di pressione, glicemia e colesterolo;
- seguire una dieta equilibrata e ricca di antiossidanti (per es. pesce, verdura, frutta, olio di oliva);
- mantenere attiva e allenata la mente il più possibile giocando a carte, puzzle, risolvendo parole crociate ecc.
- praticare una costante attività fisica aerobica
- moderare il consumo di alcol (2 o 3 bicchieri al giorno)
- mantenere vive le interazioni sociali
E’ normale che un anziano abbia disturbi di memoria?
E’ fisiologico assistere a una riduzione della prestazione nella memoria nell’anziano, ma non deve essere di entità tale da interferire nelle sue attività quotidiane e usuali.
La malattia di Alzheimer può colpire anche una persona giovane?
La malattia di Alzheimer è generalmente legata all’età, quindi è più frequente assistere alla comparsa di malattia nelle persone anziane (dai 65 anni in poi). I casi a esordio precoce (40 anni circa) sono tipici delle forme a trasmissione ereditaria e quindi molto meno frequenti.
Un malato di Alzheimer può ancora guidare l’automobile?
La guida di una vettura è un’attività complessa, che richiede risposte rapide, capacità di giudizio, memoria delle regole, dei segnali e dei percorsi, ecc. Anche se una diagnosi di malattia di Alzheimer non significa automaticamente incapace dell’individuo di condurre un’automobile, la demenza, già nelle fasi iniziali, determina una riduzione dell’attenzione, delle capacità di orientamento e difficoltà di tipo visuo-spaziale che rendono la guida pericolosa. Non essendovi test specifici in grado di definire la capacità di condurre in modo sicuro un veicolo, può diventare un problema stabilire il momento in cui ad un paziente deve essere proibita la guida. Quando, sulla base dei dati clinici osservati dal medico o sulla base di episodi osservati dai familiari di rallentamento nei riflessi, difficoltà nell’orientamento nel traffico, ecc, si ha il sospetto che la guida possa essere pericolosa, questa deve senz’altro essere controllata o proscritta. Nelle fasi molto iniziali il comportamento del paziente va attentamente monitorato, non lasciandolo guidare da solo ed evitando che utilizzi l’automobile per lunghi percorsi, nel traffico intenso o in tragitti a lui poco familiari. Spesso è il paziente stesso a limitare spontaneamente l’utilizzo dell’automobile fino ad abbandonarla completamente. In altri casi sarà necessario ricorrere a stratagemmi, quali nascondere le chiavi, o non far trovare l’auto sostenendo che si trova dal meccanico, ecc..In casi estremi, per scongiurare il rischio che una persona affetta da malattia di Alzheimer alla guida di un’auto possa provocare danni a se stesso o a terzi, è opportuno chiedere la revoca della patente, presentando ricorso al Prefetto.
Esistono cure per la malattia di Alzheimer?
Al momento non esiste nessuna cura capace di contenere la malattia conclamata e ancora poco certi sono i vari clusters per una diagnosi precoce.
I farmaci usati attualmente per combattere la sintomatologia sono:
- anticolinesterasici = rappresentano l’ultima generazione di farmaci specifici, ma la loro efficacia è molto discussa, limitandosi poi a generare miglioramenti in un 30% dei casi e solo per una durata che varia da 6 a 12 mesi;
- antidepressivi = forse i più indicati sono gli SSRI e tra questi la molecola che dà meno effetti collaterali è la fluoxetina;
- sedativi = la molecola più sicura è la promazina (sempre a basse dosi); con altre molecole si possono avere anche risposte abnormi;
- ansiolitici = in generale sono da testare perché inducono facilmente risposte paradossali;
- antipsicotici = vengono per lo più usati l’ aloperidolo ed il risperidone sempre però a dosi molto basse.
Spesso vengono consigliate sostanze ad azione antiossidante tra le quali emerge la vitamina E (ad alte dosi) anche se i risultati ottenuti siano poco sicuri. In Argentina hanno avuto molta risonanza ricerche che consigliavano l’uso della melatonina (dosi superiori ai 12 mg/die); la letteratura non ne ha confermata l’utilità, sebbene vengano segnalati i benefici per la regolazione del ritmo nictemerale (sonno).
Quali risultati con le terapie non farmacologiche?
Al momento, per assistere questi malati, le migliori alternative ai farmaci sono risultate: l’amore, il rispetto, la comprensione e una migliore qualità della vita.
Queste scelte hanno stimolato un approccio riabilitativo fatto di palliativi che includono la laborterapia, la psicomotricità, la stimolazione globale, e molti altri interventi di tipo sostitutivo, sostenuti dal desiderio di aiutare perché la vita dei pazienti e dei famigliari sia meno pesante.